Controlli Diagnostici per la Mastoplastica

I controlli diagnostici per la mastoplastica additiva

Lo studio preoperatorio della mammella prima di un intervento di mastoplastica additiva con apposizione di protesi mammarie è estremamente importante. Considerando che il cancro della mammella ancora non può essere prevenuto, ma che ad una diagnosi precoce corrisponde una prognosi migliore, che ne permette la cura, tutte le donne prima di qualsiasi procedimento chirurgico dovrebbero essere orientate dal loro medico a realizzare una mammografia di base complementata da un'ecografia mammaria, indipendentemente dall'età. Questi esami dovranno poi essere conservati con attenzione dalla stessa paziente, per eventuali studi e valutazioni future.

Occorre mettere in evidenza l'importanza delle valutazioni pre-operatorie anche in presenza di lesioni benigne uniche o multiple, dando alla paziente l’opzione eventuale di asportarle in occasione dello intervento di mastoplastica additiva. Le lesioni classificate come probabilmente benigne, possono generare molta ansia nel paziente, comunque necessitano di controlli ogni 2-3 anni.

Studio di prevenzione del cancro della mammella

In ordine d’importanza, dopo l'esame obiettivo, l'utilizzazione della diagnostica per immagini risulta fondamentale per individuare lesioni non palpabili e valutare le alterazioni palpabili. Le differenti combinazioni di tessuto ghiandolare, adiposo e di sostegno, che costituiscono la ghiandola mammaria determinano grandi variazioni di aspetti della normalità, che vanno sempre investigati prima di un intervento di mastoplastica additiva, per motivi funzionali e di riuscita da un punto di vista estetico dell’operazione.

La mammografia rimane l’esame di screening per il cancro della mammella, conosciuto anche come esame di controllo, e destinato a donne asintomatiche. Vari metodi di immagine sono stati sviluppati per la valutazione delle mammelle, nonostante ciò attualmente solo la mammografia viene accettata come mezzo di screening per il cancro della mammella poiché risulta l'unico strumento in grado di soddisfare tutti i quesiti necessari. 
L'indicazione sull’età corretta per iniziare e fare gli esami di controllo per il cancro della mammella non ha un orientamento univoco, tuttavia il primo esame può essere realizzato nelle donne asintomatiche, senza storia di rischio per il cancro della mammella, a 35-40 anni, con un esame di base, che serve per il confronto con esami successivi. 
L'esame preoperatorio di una mastoplastica additiva dovrà essere realizzato sempre e indipendentemente dall'età della paziente, essendo un documento di estrema importanza per le future valutazioni mammografiche.
Si raccomanda dopo l'esame di base, un esame mammografico di accompagnamento.
Secondo la American Cancer Society, esistono vantaggi statisticamente comprovati realizzando l'esame di accompagnamento annuale o bi-annuale dai 40 ai 50 anni e annualmente a partire dai 50 anni.
Nei pazienti ad alto rischio per il cancro della mammella invece l’'esame diagnostico preventivo deve essere realizzato annualmente, con un inizio approssimativamente 10 anni prima dell'età in cui la madre o la sorella della paziente in esame, hanno avuto diagnosticato il cancro della mammella.

Studio delle mammelle con impianti mammari

Le limitazioni nella valutazione del tessuto mammario in presenza degli impianti, sono più frequentemente riscontrate durante la mammografia, in quanto la protesi può presentare vario grado di radioopacità. Con l’ecografia e la risonanza magnetica non vi è invece un’alterazione dell'analisi del parenchima. L’ecografia non altera la visualizzazione del tessuto a patto che gli impianti siano integri, poiché il silicone libero nel tessuto mammario o sotto forma di siliconoma causa una accentuata attenuazione del segnale sonoro.

Studio delle Mammelle con Impianti

Lo studio delle mammelle portatrici di impianti mammari deve mirare ai seguenti punti:
1 Studio del parenchima mammario
2 Studio degli impianti mammari

La Mammografia


Studio del parenchima mammario con la mammografia

E’ opinione univoca, che la mammografia rappresenta ancora il metodo più efficace per l'identificazione del cancro della mammella occulto, tuttavia le incidenze mammografiche di routine (cranio-caudale e medio-laterale obliqua) quasi sempre non sono sufficienti per lo studio adeguato del parenchima mammario in pazienti portatrici di protesi mammarie. Le osservazioni mammografiche dopo la collocazione degli impianti mammari dipendono inoltre dalla tecnica chirurgica impiegata e dal tipo d’impianto utilizzato.

La radiopacità dell’impianto può nascondere parte del tessuto mammario, principalmente nelle sue porzioni posteriori. Per questo nelle pazienti già sottoposte ad intervento chirurgico, l'ecografia e la risonanza magnetica nucleare risultano i metodi di investigazione scelta.

Eklund, nel 1988, ha creato una manovra mammografica specifica in cui la protesi viene dislocata posteriormente contro la parete toracica e il tessuto mammario protrude anteriormente, risultando maggiormente visibile. Un'altra incidenza specifica per la mammella protesizzata è quella medio-laterale, realizzata di profilo a 90 gradi. Tuttavia le incidenze con compressione focale non devono essere incluse nell'esame di routine in paziente con protesi, queste assumono infatti un valore aggiuntivo nella valutazione delle regioni posteriori della mammella o nei casi di alterazioni palpabili, mentre l’eventuale gap presente utilizzando unicamente questa metodica diagnostica viene colmato in condizioni normali accoppiando l’utilizzo di altre metodiche di routine (Ecografia).


​Studio degli impianti mammari con la mammografia

Impianti integri: Contorni regolari, nessuna alterazione rilevante, discreta ondulazione della curvatura, forma ovalare o arrotondata degli impianti. 
Rottura extracapsulare (rottura fuori dalla capsula organica periprotesica). La mammografia è abbastanza sensibile, mostrando gli impianti con contorni irregolari, mal definiti o discontinui, con silicone fuori dell'involucro protesico, 
Rottura intracapsulare (rottura dentro la capsula organica periprotesica). E’ la rottura che avviene con maggiore frequenza, tuttavia la mammografia riveste poco valore nella sua identificazione mentre l'ecografia e la risonanza magnetica risultano i metodi di scelta.
Contrattura capsulare: Il reperto mammografico con impianti di forma più rotonda, con ispessimento della capsula fibrosa periprotesica, sono suggestivi di contrattura capsulare. L'esame clinico risulta necessario per la diagnosi di certezza.

L’Ecografia

Studio del Parenchima mammario con l’ecografia

L’’ecografia è considerata il principale metodo di supporto alla mammografia nella valutazione del parenchima mammario, i cui risultati diagnostici non vengono limitati in presenza degli impianti mammari.


Studio dell'Integrità degli Impianti mammari con l’ecografia

L'ecografia è molto efficace nell'individuazione di disfunzioni degli impianti. La sua sensibilità varia in letteratura dal 47 al 74%, e la sua specificità è compresa tra i 55 e 96% 
Impianti integri. All’ecografia vengono visualizzati come delimitati anteriormente da tre linee iperecogene. 
Rottura intracapsulare. Insieme alla risonanza magnetica l’ecografia risulta il metodo di scelta. 
La riduzione del diametro antero-posteriore e una sensazione di maggiore compressività con minore elasticità alla palpazione, possono essere associati a visualizzazione di linee ecogene sparse con aspetto a “ scalini”.
Occorre ricordare che le protesi a doppio lume possono dare una falsa impressione di rottura producendo eventualmente immagini con linee ecogene anteriori.
Rottura extracapsulare. un'area iperecogena con onda acustica “sporca”, tipo “tempesta di neve” in posizione adiacente all'impianto o a distanza sul parenchima mammario identifica questo tipo di rottura.

La Risonanza Magnetica Nucleare (RMN)

Comparando la risonanza magnetica ai metodi precedentemente citati non è difficile confermare la sua maggiore accuratezza, con una sensibilità fino al 94% nell'identificazione della rottura, con una specificità che varia tra il 92 e il 100%. Tuttavia in funzione del suo costo elevato, la sua utilizzazione viene riservata per chiarire sospetti clinici di lesioni parenchimatose o disfunzioni dell'impianto non confermate attraverso la mammografia e l'ecografia.

Cancro della Mammella e uso degli impianti mammari

Nonostante esistano report di cancro alla mammella conseguenti all'iniezione di silicone libero nel seno, non si ha nessuna conferma per quanto riguarda la relazione tra gli impianti mammari e lo sviluppo del cancro della mammella. Al contrario, ci sono studi, che attribuiscono alla presenza dell’impianto un fattore di protezione, in funzione dei controlli che le pazienti protesizzate effettuano più regolarmente, visto il grado di ansia riguardo l’insorgenza di un cancro mammario, delle pazienti portatrici di protesi. In presenza di un seno protesizzato, la maggiore difficoltà di esposizione del tessuto all'esame mammografico può pregiudicare la valutazione di alcune aree, rendendo necessaria sempre l'associazione di altri metodi (ecografia e risonanza magnetica nucleare), e specialmente quando esistano sospetti durante l'esame obiettivo.

Mauro Leonardis

Autore dell'articolo

Dott. Mauro Leonardis
Medico-Chirurgo
Specializzato in Chirurgia Plastica